martedì 3 marzo 2009

"T' ascolterò, Adriana, come un devoto ascolta la divina parola..."


Lodevole iniziativa, quella del Teatro Massimo che, dopo una troppa lunga assenza del capolavoro di Francesco Cilea dalle scene palermitane (l' ultima produzione in città fu tredici anni fa, mentre l' ultima recita sulle tavole del Massimo risale al lontanissimo 1967) ha scelto di puntare sull' eccellenza di due fuoriclasse come Daniela Dessì e Fabio Armiliato.
Fin dal primo declamato di Adriana ("Del sultano Amuratte...") ci si rende conto della miracolosa "vis dramatica" della Dessì. Adriana è un' attrice, deve saper recitare. E Daniela lo fa davvero benissimo, riesce ad essere spontanea e credibile in un susseguirsi di situazioni, dal comico, al lirico, al tragico. Il culmine viene raggiunto in un emozionante monologo di Fedra tutto giocato su accenti vibranti e dolorosi che ci mostrano certo la grande tragedienne ma anche, e soprattutto, la donna ferita e offesa nel più profondo dell’ anima.
Questa piccolo ma doveroso preambolo non vuole assolutamente porre in secondo piano la natura stessa di Adriana Lecouvreur che, in quanto melodramma, ha nell’ arte del canto la sua più indiscutibile essenza. In questo Daniela oggi si colloca in una dimensione talmente alta da non temere confronti: linea di canto purissima modellata in un susseguirsi di finezze, di filati, di pianissimi e tesa ad una costante ricerca di colori e sfumature. Siamo davvero di fronte ad un Adriana storica, di certo la migliore degli ultimi trent’ anni… e, forse, senza inutili false modestie, la più grande di cui si conservi memoria.
Fabio Armiliato ci regala una prova altrettanto convincente: il personaggio di Maurizio viene reso in maniera, a mio modo di vedere, splendida, privilegiando gli slanci amorosi (e la conseguente profusione di mezzevoci e di accenti palpitanti) alla boria dell’ ufficiale di Sassonia. Una prestazione da manuale che conferma l’ aureo periodo in cui si trova il Nostro Fabio, migliore di recita in recita!
Note meno entusiastiche per il resto del cast, in cui figuravano la principessa di Bouillon dalla nebulosa dizione di Ildiko Komlosi e il nasaleggiante Michonnet di Alberto Mastromarino.
Discreta la folta schiera di comprimari e buona la direzione di Donato Renzetti (anche se qualche maggiore abbandono lirico non sarebbe guastato…).
Meglio tacere sulla prestazione del coro.
Lo spettacolo di Giulio Ciabatti, di proprietà del Teatro dell’ Opera di Roma, segue docilmente lo svolgersi della vicenda, senza pericolose (e stimolanti…) incursioni al di fuori del tracciato di Colautti/Cilea: una gioia per gli amanti della regia d' antan, tutta fondali e prospettive dipinte. Belli i costumi di Maria de Matteis.

24 febbraio 2009
ADRIANA LECOUVREUR
opera in quattro atti
musica di Francesco Cilea
libretto di Arturo Colautti

personaggi ed interpreti:

MAURIZIO, CONTE DI SASSONIA: Fabio Armiliato
IL PRINCIPE DI BOULLON: Roberto Tagliavini
L' ABATE DI CHAZEUIL: Aldo Orsolini
MICHONNET: Alberto Mastromarino
QUINAULT: Paolo Orecchia
POISSON: Gregory Bonfatti
MAGGIORDOMO: Daniele Bonomolo
ADRIANA LECOUVREUR: Daniela Dessì
LA PRINCIPESSA DI BOUILLON: Ildiko Komlosi
MADAMIGELLA JOUVENOT: Patrizia Gentile
MADAMIGELLA DANGEVILLE: Luisa Francesconi
PARIDE: Alessio Rezza
MERCURIO: Giuseppe Bonanno
GIUNONE: Soimita Lupu
PALLADE: Carmen Marcuccio
VENERE: Floriana Zaja
PASTORELLE: Elisa Arnone e Zina Barrovecchio
PASTORI: Ettore Valsellini e Salvatore Tocco

Direttore: Donato Renzetti
Regia: Giulio Ciabatti
Scene: Ettore Rondelli
Costumi: Maria de Matteis
Coreografia: Luciano Cannito
Luci: Claudio Schmid

Allestimento del Teatro dell'Opera di Roma

Orchestra, Coro e Corpo di Ballo del Teatro Massimo
Maestro del coro: Andrea Faidutti


Qualche estratto video:

"La dolcissima effige..."
"Il russo Mèncikoff..."
"Giusto cielo! Che feci in tal giorno?..."
"Poveri fiori..."

5 commenti:

Mario Cavaradossi ha detto...

" Non sempre le viole son "l’alito d’aprile". Per Adriana Lecovreur sono alito di morte.Tornata sulle scene del Massimo dopo un lungo intervallo l’opera di Cilea in "prima" sabato sera (repliche fino al 1 marzo),Ha fatto riemergere echi del passato con l’allestimento dell’Opera di Roma per la piena soddisfazione di chi ama ritrovare solidamente riprese le indicazioni del libretto.

A delinearne il percorso breve,ma in lunghi 4 atti,Daniela Dessì, interprete attenta all’umanità del personaggio, di elegante finezza di fraseggio già nell’aria d’esordio, flessibile alla leggerezza di "un soffio è la mia voce" e poi d’intensa accensione dell’incontro con Maurizio di Sassonia.

Di notevole rilievo e in realtà momento focale dell’opera lo scontro fra le due rivali al secondo atto che tocca apici di furente tensione resa con vibrante violenza da Daniela Dessì e da Ildiko Komlosi, principessa di Bouillon e sua antagonista scenica.

E ancora frementi vibrazioni di efficace espressività vocale della Dessì per i "Poveri fiori" dell’atto conclusivo, un pò estenuante invece nel monologo di Fedra.

Lo slancio di Fabio Armiliato dona accenti di partecipe intensità a Maurizio di Sassonia, in particolare a quell’intimo ripiegamento di "L’anima ho stanca" in mobilità di gradazioni dinamiche e nel duetto finale."

S. Patera ("Il giornale di Sicilia", 24/02/09)

Mario Cavaradossi ha detto...

" In bilico fra spessori veristici e ripiegamenti floreali,con i suoi turgori e i suoi languori, l’Adriana Lecovreur di Francesco Cilea ha attirato sabato sera al Teatro Massimo, ad onta dei concomitanti appuntamenti calcistici e festivalieri, un pubblico più numeroso del previsto.

E l’immutata vitalità teatrale dell’opera, valorizzata da una resa esecutiva di tutto rispetto, ha ripagato l’affezione dei melomani.

Reduce dalla fugace trasferta Sanremese, Daniela Dessì affronta con autorevolezza vocale e scenica un ruolo che tante primedonne hanno reso grande: nei panni della tragedienne e dell’amante in pena, offre il pieno controllo dei propri mezzi, lavora sull’accento e si cala nel personaggio con crescente partecipazione emotiva. Superato lo scoglio del celebre passo della Fedra in forma di melologo, si abbandona infine alla sua mort parfumee con una commozione priva di enfasi (compreso il famigerato "Scostatevi profani! Melpomene son io").

Suo compagno sulla scena e nella vita, Fabio Armiliato sostiene gli sfoghi tenorili di Maurizio di Sassonia, dedicandosi con impegno a una parte congeniale alle sue risorse vocali. Il suo canto è parso più controllato rispetto ad altre recenti prestazioni e l’affiatamento scenico con la Dessì gli consente di plasmare un Maurizio convincente ed appassionato."

P. Misuraca ("La Repubblica", 24/02/09)

Mario Cavaradossi ha detto...

"Protagonisti assoluti della serata la coppia Dessì-Armiliato che nei rispettivi ruoli di Adriana e dell’amato Maurizio di Sassonia, hanno letteralmente "rapito" il numeroso pubblico palermitano offrendo un’ulteriore prova del loro immenso talento artistico, stilistico-vocale ed interpretativo.
Un altro straordinario successo quindi per questa formidabile coppia della lirica italiana di oggi e di sempre.

Daniela Dessì reduce dalla serata Sanremese che l’ha vista come ospite internazionale al fianco di Francesco Renga la sera precedente, è apparsa in forma smagliante e ha offerto un’interpretazione eccellente sotto tutti i punti di vista, dando un ulteriore sfoggio di tutte le sue grazie canore che l’hanno portata ad essere considerata l’incontrastata regina della lirica mondiale.
Altrettanto si può dire di Fabio Armiliato che in virtù di una presenza scenica catalizzante, sfodera una prestazione di belcanto a tutto tondo arricchita da alcune perle stilistiche, come le sue straordinarie e curate mezze voci, che hanno fatto ricordare ai più i grandissimi interpreti del passato come Pertile e Corelli.

Di assoluto rilievo internazionale l’intero cast, a cominciare dall’affascinante presenza vocale di Idiko Komlosi nella parte della perfida Contessa di Bouillon e dal lodevole Michonnet di Alberto Mastromarino. Buona anche la prova di tutti i comprimari. Ancora funzionale il pur datato allestimento di Rondelli e Cannito. Lo spettacolo si è svolto sotto l’attenta e precisa direzione del Maestro Donato Renzetti. L’Adriana Lecovreur palermitana avrà repliche per tutto il mese di Febbraio per concludersi con l’ultima recita il giorno 1 marzo."

D.L.B. ("Genova-Zena", marzo 2009)

ClaudiaO. ha detto...

Le parole che Colautti mette in bocca ad Adriana sembrano scritte per Daniela oggi, anno domini 2009... "Io son l'umile ancella del Genio creator: ei m'offre la favella, io la diffondo ai cuor..." E va da sè che in emozioni la nostra Daniela non si risparmia proprio! Che Voce! Che attrice! Che Diva!!!

Immensa.

ClaudiaO. ha detto...

Palermo: Daniela Dessì e Fabio Armiliato protagonisti di Adriana Lecouvreur, secondo titolo della stagione al Teatro Massimo

L’ATTRICE CEDE IL PASSO ALLA DONNA


Ritornato Lohengrin nel suo lontano castello, ecco sulle scene del Teatro Massimo Adriana Lecouvreur. Teatralità e veleni, amore e morte sono gli elementi che l’opera di Cilea condivide con le opere coeve. Ma con un velo di malinconia.

Le irruzioni veriste cedono ad atmosfere più sommesse ed intimiste. La fama? “Miraggio”. E la carriera? “Disinganno”. Il tormento amoroso sottrae ogni attrattiva al successo e per le spine di una passione lacerata dal dubbio l’attrice osannata lascia il passo alla donna. In questa dimensione Daniela Dessì ritrae la sua Adriana tra slanci d’amore, gelosie impetuosità, desolanti ripiegamenti. Dall’elegante delicatezza con cui tratteggia “Io son l’umile ancella” all’animoso scontro con la Principessa di Bouillon sino all’intensità per cui permea “Poveri fiori” (di minor rilievo il monologo della Fedra), il profilo umano della protagonista riceve dal soprano una significativa definizione.

Fabio Armiliato (Maurizio) si impone con partecipe slancio e acuti generosi, che al secondo atto trova il momento di maggiore intensità espressiva, con quel “L’anima ho stanca” che la linea vocale asseconda nella mobilità dinamica e nelle più intime venature.

Principessa di notevole imponenza, quella designata da Ildiko Komlosi, pur con qualche esilità nelle note gravi, riesce a caricare di furente impeto il duello vocale, autenticamente significativo per le due interpreti, con l’ignota rivale.
Alberto Mastromarino si dedica con impegno e robustezza vocale a Michonnet, ne rileva tratti patetici ma poco le sottili screziature con cui Cilea dà spessore di sentimenti al personaggio.

Con accuratezza Roberto Travaglini e Aldo Orsolini interpretano rispettivamente il Principe di Boullion e l’Abate di Chazeuil. Alessio Rezza è l’agile Paride nell’intermezzo coreutico curato da Luciano Cannito.

Nell’allestimento scenico dell’Opera di Roma (scene di Ettore Rondelli, costumi di Maria De Matteis) sul quale sembra essersi adagiata la polvere del tempo ma molto apprezzato da chi ama veder realizzate le indicazioni del libretto, la regia di Giulio Ciabatti ha agito in convenzionale sintonia.

A guidare con tranquilla sicurezza le trame strumentali e le linee vocali, Donato Renzetti, che ha impresso evidenza agli impeti veristi con corposa densità sonora ma si è dimostrato anche pronto a riflettersi verso sfumature elegiache in contrasto, sommesse ed espressive, nel sottolineare la solitaria desolazione di Adriana sul finire del secondo atto o, nel quarto, il suo depresso abbandono.

S. Patera (“L’Opera”, 21/02/09)