domenica 25 luglio 2010

Or son cent'anni...


"Venerdì 16 luglio è andata in scena a Torre del Lago La Fanciulla del West nell’edizione del centenario dell’opera. Purtroppo questo capolavoro di Puccini rappresentato per la prima volta alla Metropolitan Opera di New York nel dicembre del 1910, non ha avuto negli anni il successo di pubblico che altri titoli dello stesso compositore, magari meno accattivanti, hanno conseguito. La Fanciulla del West tratta da un dramma teatrale dello scrittore David Belasco venne musicata da Puccini con una sensibilità tutta nuova per la caratterizzazione di un luogo e della sua natura così come dei personaggi che lo popolano. Si può dire senza presunzione che la Fanciulla del West apra la strada alla musica moderna (per me molto di più di quanto farà Turandot) per la sua estrema attualità che in alcuni passaggi lascia stupefatti; Puccini stesso la descrisse in una lettera a Sybil Seligman come la sua migliore creatura, ed a ragione. A questi richiami descrittivi nella parte orchestrale corrispondono delle scritture vocali di grande difficoltà sia tecnica che espressiva; al canto,infatti, bisogna donare la sensibilità dell’animo del personaggio e purtroppo non sempre le due cose vanno di pari passo, come si spererebbe. Il Festival proponeva una nuova produzione puntando sulle due stelle della lirica internazionale Daniela Dessì e Fabio Armiliato che hanno riscosso un vero trionfo; si affidava inoltre la regia alla tedesca Kirsten Harms, le scene allo scultore Franco Adami ed i costumi a Giovanna Fiorentini. L’allestimento nel suo complesso è stato accolto molto freddamente dal pubblico forse per incomprensioni nei confronti di soluzioni ed interpretazioni, soprattutto scenografiche, che andavano in altre direzioni rispetto alle indicazioni originali dell’ambientazione. Se non si deve rimanere ancorati ad una tradizione che potrebbe, agli occhi del pubblico moderno, risultare polverosa, bisognerebbe però innovare mantenendosi sul sentiero tracciato dagli autori dell’opera. Della caratteristica ambientazione western sono rimasti solo dei totem indiani che erano presenti sia come sculture sia dipinti sul fondale del secondo atto, per il resto vediamo un saloon abbozzato, ma che di western ha davvero poco, una capanna di Minnie inesistente, sostituita da elementi scenici che non richiamano (eccettuati il tavolo e gli sgabelli) una casa ed una foresta troppo stilizzata nel terzo atto. I costumi erano riconducibili al momento storico, ma anch’essi spesso inadatti a distinguere i personaggi e ad inquadrarli nel loro ruolo sociale ( i minatori non avevano gli attrezzi del mestiere); la regia proponeva movimenti interessanti, nelle masse in particolare. Spesso però c’era quella incongruenza tra libretto ed azione scenica che negli spettacoli di oggi è ricorrente. Penso che il dissenso del pubblico si sia manifestato poiché non era possibile, con un allestimento del genere, capire la storia ed i suoi avvenimenti senza conoscere precedentemente l’opera; se si vuole avvicinare un nuovo pubblico a questo bellissimo genere musicale lo si deve anche guidare alla conoscenza dei capolavori. Come ho detto i protagonisti di questa edizione dell’opera erano Daniela Dessì e Fabio Armiliato che tornavano in questo titolo a Torre del Lago dove lo avevano già affrontato insieme nel 2005 e dopo averlo proposto anche a Roma e Siviglia.
Il ruolo di Minnie è quello di una giovane che con la propria forza di volontà e l’affetto riesce a tenere a bada un gruppo di minatori che pendono dalle sue labbra per ogni cosa, Minnie è la loro mamma, è quella mamma che hanno lasciato a casa, magari oltreoceano, per cercare la fortuna in America. Daniela Dessì ha debuttato il ruolo nel 2005 e da questo momento lo ha maturato vocalmente e scenicamente tanto da farne ,oggi, uno dei suoi cavalli di battaglia; cantante di riferimento nel repertorio pucciniano (come dimostra anche il cd Decca di recente pubblicazione), la signora Dessì in questa produzione ha riportato Minnie ad essere la fanciulla, e non la donna, come troppe volte ci è stata presentata. Una fanciulla, intendiamoci, dotata di un’intelligenza e una personalità non comuni data la situazione in cui vive, ma pur sempre desiderosa di vita e di emozioni. Abbiamo ascoltato un canto fermo, sicuro su tutti i passaggi più ostici della partitura (quella che insieme e forse più di Turandot richiede una tecnica formidabile), dal do scoperto di “Laggiù nel Soledad” al difficile “Oh se sapeste…”, fino all’”anche tu lo vorrai Joe..”, per citarne solo alcuni. La Dessì ha emozionato per il modo in cui pronunciava ogni piccola parola, ogni sillaba che prevedevano le sue frasi, e per come quindi queste parole erano sposate ad una emissione sempre ottima su tutta la tessitura, senza cedere ad effetti veristici, per un’innata intelligenza musicale, e risolvendo il personaggio sul tono che gli è più proprio, cioè quello giovanile e lirico. Scenicamente ogni piccolo movimento era calibrato alla situazione, si trattava di una Fanciulla vitale negli scontri con Jack Rance e sensuale negli abbandoni con Dick Johnson; la figura sempre affascinante completava il capolavoro realizzato già nella parte musicale da questa grande artista.

Non le era da meno, ne vocalmente ne scenicamente Fabio Armiliato che ho ammirato per una grande e partecipata aderenza al personaggio, che è adatto a lui musicalmente ed anche fisicamente, richiedendo da una parte una voce di tenore lirico spinto-drammatico qual è la sua e dall’altra una figura slanciata ed atletica. Fin dall’entrata con la frase “chi c’è per farmi i ricci?”si comprende la baldanza giovanile che pervade il sangue del bandito messicano che infatti non tarda ad accostarsi a Minnie, che però, come sappiamo aveva già incontrato. Armiliato riesce a sfumare il canto nei momenti di più intensa passionalità così come a renderlo eroico e più vigoroso quando si tratta di doversi difendere da Jack Rance o nella fatidica “Or son sei mesi…”vero banco di prova per un tenore pucciniano. Nell’altra grande aria “Risparmiate lo scherno…Ch’ella mi creda libero e lontano” si ascolta una voce che viene piegata al lirismo, con dei risultati veramente notevoli nelle dinamiche musicali associate al testo; è chiaro che l’aria ha strappato un grande applauso a scena aperta, e la motivazione è semplice;infatti non veniva isolata come momento di puro e solo canto, ma costituiva un punto fondamentale nell’interpretazione vocale e scenica di Armiliato che ha riconfermato di essere IL Johnson di oggi. Scenicamente i momenti di più intensa passionalità lo trovano a dialogare in modo perfetto con Daniela Dessì con un linguaggio dei gesti e dei movimenti tra loro ormai consolidato mentre invece risulta un vero bandito, ma pur sempre uomo fragile ed eroe allo steso tempo, quando deve confrontarsi nel terzo atto con Rance e i ragazzi del campo che lo trovano (forse giustamente) un ostacolo alla loro felicità che ormai si era ricreata (anche grazie a Minnie) in un paese straniero e lontano dalla patria. Durante tutta l’opera non c’è mai un guardare il personaggio a distanza, ed un pensare solamente al canto, come si sarà capito, anzi un penetrarlo nell’anima; riprova di questa capacità nell’esplorare dall’i terno gli eroi pucciniani è il nuovo cd Decca “Nessun Dorma” che comprende tutte le arie tenorili da Edgar a Turandot e che dimostra versatilità nel canto e quindi una grande conoscenza tecnica. Il “cattivo” della situazione, Jack Rance, era affidato al baritono messicano Carlos Almaguer, che avevo avuto occasione di sentire già come Alfio, e che non ha destato in me grandi emozioni, pur cantando correttamente ogni passaggio, con voce di volume ragguardevole. Ma il problema di questo Jack Rance era l’assenza dello sceriffo, dell’uomo innamorato e solo, infatti c’era esclusivamente il cantante che cantava bene, ma tutto sempre spinto ad una forza ed un brutalità che, nella mia concezione del personaggio ne costituiscono solo una parte. Da segnalare la presenza di un veterano del canto lirico come Luigi Roni che dava voce e corpo ad un Ashby molto credibile, testimonianza di come un grande artista possa ancora, dopo anni ed anni di carriera, rendere un personaggio minore unico e di rilievo nella storia. Di livello discreto i comprimari, che hanno in quest’opera il difficile compito di interagire tra loro vocalmente e scenicamente in modo ineccepibile. Il coro, interamente maschile, ha dato una buona prova diretto da Stefano Visconti, maestro di grande esperienza. L’orchestra, diretta per l’occasione da Alberto Veronesi, direttore artistico del Festival ha suonato correttamente ma priva di quella vitalità che in un’opera come la Fanciulla del West sarebbe auspicabile. Le scelte ritmiche di Veronesi sono state interessanti così come la ricerca dei dettagli e delle minuzie orchestrali, per altro geniali, di cui questo capolavoro è disseminato; c’è da dire che l’acustica del teatro non permette di godere completamente una partitura così complessa come questa, ma penso che si potranno prima o poi arginare questi problemi con delle modifiche strutturali. Successo al calor bianco per Daniela Dessì e Fabio Armiliato che hanno dato conferma del loro livello artistico, davvero ineguagliabile e calorosi applausi per gli altri cantanti, con i dissensi che ho già detto per la parte visiva. Bisogna dire che questa Fanciulla i suoi cento anni li porta magnificamente, buon compleanno!!!!!!!
Didier Pieri"



16 luglio 2010
Torre del Lago Puccini, Gran Teatro all'aperto
LA FANCIULLA DEL WEST

Minnie: Daniela Dessì
Dick Johnson: Fabio Armiliato
Jack Rance: Carlos Almaguer
Ashby: Luigi Roni
Sonora: Giovanni Guagliardo
Nick: Cristiano Olivieri
Sid: Federico Benetti
Trin: Marco Voleri
Bello: Massimiliano Valleggi
Harry: Ernesto Petti
Happy: Claudio Ottino
Larkens: Veio Torcigliani
Billy Jackrabbit: Choi Seing Pil
Wowkle: Larissa Demidova

Direttore: Alberto Veronesi

Regia: Kirsten Harms
Scene:Franco Adami

Orchestra e Coro del Festival Puccini
Maestro del Coro: Stefano Visconti

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